ROCK’S TEMPLE – INTERVISTA

1. Diamo il benvenuto agli Acid Muffin! Raccontateci come avete iniziato.

“Il progetto Acid Muffin nasce dalle ceneri dei Recidiva, una band punk/hardcore dove militavamo io (Andrea) alla chitarra e alla voce e Marco alla batteria.
Dopo lo scioglimento dei Recidiva ci siamo scambiati di ruolo quasi per gioco e abbiamo cominciato a scrivere nuova musica. E’ successo in maniera naturale, senza pensare troppo a cosa stessimo facendo. Questo è stato l’inizio degli Acid Muffin.”

 

2. Quali artisti vi hanno maggiormente ispirato?

“Nella primissima fase di scrittura ci siamo lasciati ispirare da band quali Stone Temple Pilots, Pearl Jam, Bush, Nirvana e Soundgarden per citarne alcune. Diciamo che hanno rappresentato per noi un punto di partenza ma sin dall’inizio la nostra intenzione è stata quella di trovare il nostro stile e il nostro sound.”

 

3. C’è un genere nel quale vi identificate maggiormente?

“Sicuramente la scena Alternative Rock degli anni 90 ha lasciato un segno indelebile dentro di noi, ma non ci sentiamo vincolati da un genere specifico. Facciamo musica Rock e ci piace sperimentare in ogni direzione, ascoltiamo davvero di tutto e lasciamo che le nostre influenze si contaminino tra loro. E’ una costante ricerca della nostra identità.”

 

4. Da cosa nasce il vostro primo EP “Nameless”?

“Dopo aver registrato una prima demo nel Marzo del 2012 c’è stato un cambio di line up, subentrato il nuovo bassista abbiamo ricominciato a comporre e nel giro di un anno siamo tornati in studio. Avevamo bisogno di realizzare un prodotto professionale che ci rappresentasse in maniera più completa prima di presentarci al pubblico.”

 

5. Per quanto riguarda il vostro album “Bloop” invece? Da cosa nasce e che lavoro c’è stato dietro?

“Abbiamo ricevuto feedback molto positivi dopo la pubblicazione di Nameless e ci siamo esibiti veramente ovunque per promuovere l’EP. Terminata la promozione abbiamo cominciato a scrivere nuove canzoni, la fase creativa è stata molto spontanea e questo ci ha permesso di avere molto materiale a disposizione per realizzare un nuovo album. Bloop è stato un lavoro decisamente più complesso, abbiamo scelto di produrre il disco totalmente in analogico e questo ci ha portati a studiare i suoni e gli arrangiamenti in maniera differente per ottenere la qualità desiderata. Durante le registrazioni c’è stato anche un altro cambio di line up che ha portato Grabiel a diventare il nuovo bassista della band. Questi fattori hanno inevitabilmente inciso sulle tempistiche e alla fine la produzione di Bloop è durata quasi 11 mesi ma è stata un’esperienza che ci ha permesso di crescere molto sia dal punto di vista artistico che da quello umano.”

 

6. Sono passati due anni da Bloop, questo 2018 potrebbe regalarci un nuovo album e\o altre sorprese?

“Già da qualche mese stiamo lavorando al nuovo album, abbiamo scritto molte canzoni e non vediamo l’ora di tornare in studio. Registreremo una pre-produzione il prossimo mese, ma è ancora troppo presto per stabilire una data di uscita definitiva del nuovo album anche perché in parallelo stiamo lavorando per fare un altro tour in Europa in primavera. Incrociamo le dita e speriamo di poter annunciare a breve un bel po’ di news.”

 

7. Avete suonato in molti live: quale ricordate con più piacere?

“Senza dubbio il tour in Germania con i Black Stone Cherry è stato qualcosa di incredibile, in particolare l’esibizione al Live Music Hall di Colonia è stata pazzesca. L’emozione di suonare davanti a migliaia di persone è indescrivibile, quella sera ci siamo scatenati sul palco e il pubblico ha veramente apprezzato la performance. E’ fantastico quando l’energia che sprigioni con la musica ritorna con gli applausi e le ovazioni e ti ricarica dopo ogni canzone.”

 

8. Che consiglio dareste agli artisti emergenti?

“Forse quello che abbiamo imparato noi dalle nostre esperienze può essere utile a tutte quelle band che si stanno affacciando ora sulla scena musicale underground. Non ci sono trucchi o scorciatoie, ci vuole tempo per trovare il proprio stile, servono impegno, coerenza e determinazione. Fatelo innanzitutto per voi stessi, andate dritti per la vostra strada e fatelo con il cuore.”

ROCK’S TEMPLE – Francesco Fatone (12/02/2018)

INSANE VOICES LABIRYNTH – BLOOP Review

Band romana con all’attivo un demo del 2012 e un Ep del 2013 ‘Nameless’.

Intensa attività live come supporter di gruppi del calibro di Quireboys e Teatro degli Orrori, giusto per citarne alcuni. Ritornano in studio e il 7 novembre 2016 esce Bloop. Gli Acid Muffin si presentano con un sound tipico anni ’90, grunge e post rock: le influenze che si percepisco sono gli Alice in Chains, Pearl Jam e gli Stone Sour. Influenze ma non mera copiatura. I tre ragazzi di Roma, sono indubbiamente molto ispirati e tecnicamente decisamente validi. La voce si presenta calda, cadenzata, e ottimamente impostata. Neo che emerge da subito, a mio avviso, è una produzione che rende il suono un po’ troppo ovattato. La presentazione dell’album è affidata a Down to You, brano che inizia con un riff di metal classico alla Iron Maiden, il tappeto musicale rimane orientato in tal senso, mentre la voce ci rimanda a quei maledetti o fantastici anni ’90, a seconda dei gusti dell’ascoltatore. Ottima la parte centrale, strumentale, dove chitarra, batteria e basso suonano all’unisono, regalando all’ascoltatore una piacevole sensazione. The Last illusion, pur essendo una canzone abbastanza anonima nella parte iniziale, lascia il campo ad un ottimo assolo sia per la composizione che per l’esecuzione. Turning & Suffering e Stain sono molto tirate, potenti e molto ’arrabbiate’, mentre Exotic Song risulta essere la canzone meno riuscita del lotto, troppo strascicata e senza un perché. Melliflous, se fosse stata tutta strumentale sarebbe stata una canzone davvero incredibile, suonata in modo molto elegante, con un intermezzo di chitarra delicato, quasi acustico; il finale scuote l’ascoltatore con un assolo da urlo. Smoking, che va a chiudere il lavoro, si segnala per un buon intro di pianoforte e violino accompagnatori di una voce calda, sofferta e sommessa. Nel finale si ripresenta la sei corde di Pasqualucci a farla da padrone. Disco suonato davvero con una tecnica di alto livello; Pasqualucci si fa preferire  maggiormente per l’uso della chitarra che per la voce, Alvarez e Latini, svolgono il loro ruolo in modo impeccabile. Peccato per la parte cantata, non tanto per la voce, quanto per l’originalità, veramente ridotta ai minimi termini. Ottima, invece, la parte strumentale dove tecnica e composizione si pongono ad alti livelli.

INSANE VOICES LABIRYNTH – Alberto Busso (31/01/2018)