METALHEAD.IT – BLOOP Review

(K2 Music) Stranamente ho scoperto gli Acid Muffin per radio, una radio locale del Veneto… Strana la vita, visto che poi ti arriva il disco da recensire… Difficile dare una collocazione precisa a questo dischetto. La voce sembra il giusto connubio tra Wedder e Cornel e in effetti l’impostazione grunge di certe composizioni si fa sentire senza troppi problemi. Certo è che mai una canzone grunge è stata così pesante. I rimandi al metal più classico infatti non si fanno aspettare troppo. Non che manchino le pause più calme (“Last Illusion”), ma il retrogusto è sempre quell’inedito connubio di Alice In Chains e Iron Maiden. Mai avrei pensato che un giorno avrei accostato due nomi di tale portata per descrivere un unico disco, ma la verità è molto meno banale di come l’ho messa giù io. Infatti gli Acid Muffin sono alla fin fine una band post rock, dove molte influenze sono confluite in un qualcosa di unico e personale. Si, in ultima analisi non un disco metal ma qualcosa di molto più elaborato, da scoprire ascolto dopo ascolto. Si perché man mano che il disco si ripete, saltano fuori influenze prog, retrogusti rock e certe varianti jazz. Insomma di tutto un po’ ma senza copiare. Solo reminiscenze. Promossi senza dubbio alcuno.

METALHEAD.IT – Enico Pauletto (30/03/2017)

EXTRA! MUSIC MAGAZINE – BLOOP Review

“Bloop” significa figuraccia, gaffe. Ma Marco Pasqualucci (voce, chitarra), Gabriel Alvarez (basso) e Andrea Latini (batteria) tutto fanno meno che apparire imbarazzanti con questo primo full-lenght che dire ispirato al sound alternative e grunge degli Anni’90 è un eufemismo: ne è l’ologramma.

Il power-trio romano sciorina tutto il suo repertorio d’influenze derivanti da Alice In Chains, Soundgarden, Pearl Jam e Nirvana, e le condensa in 12 tracce cariche d’elettricità e ritmi forsennati. La scelta di campo la fanno a monte, netta, chiara, perentoria, e non in virtù degli eventi o sulla scia dell’opportunità.

E ne hanno di cartucce da sparare. A partire da quella dichiarazione d’intenti che è l’opener Down To You, adrenalinica uptempo con echi guitar-hero, passando per l’estrema Turning And Suffing per giungere alla trascinante Stain.

L’impianto generale è abbastanza semplice. I brani sono accessibili e immediati quanto basta per farsi apprezzare al primo ascolto. Ma ciò è dovuto all’abilità nel calibrare sferragliate e melodie, oltre al fatto di saper confezionare il tutto in modo impeccabile, piazzando qua e là anche qualche episodio più lento (per modo di dire…) come Never So Near e Smoking My Little Soul.

EXTRA! MUSIC MAGAZINE – Valerio Di Marco 25/03/2017